Jerez de la Frontera

Nelle strade si respira l’Andalusia. Sole sempre caldo, scherry da 18 gradi in piccoli bicchieri e sofferte passioni nel Flamenco.

Passeggiando conosciamo un anziano che ci indica una foto esposta in una vetrina. E’ Lola Flores la più famosa cantante e ballerina di Jeres. Parla accalorato in un fluente spagnolo, racconta delle tradizioni del posto. Ci capiamo. Andiamo al Tabanco el Pasaje a vedere il flamenco, ma forse sarà la solita attrazione turistica. “Ma no!” ci dice l’anziano, è uno dei migliori posti per godersi vino, tapas e spettacolo.

Il locale è piccolo, il banco è tra due ingressi “el Pasaje” e lì servono chiunque passi. Pochi tavoli.

Una ballerina, un cantante e un chitarrista, inizia lo spettacolo. E’ sorprendente l’intensità con la quale rappresentano le loro emozioni, ma proprio questo è il flamenco. Il pubblico partecipa.

Lontano dalla nostra cultura, tuttavia un esperienza che rimarrà per sempre nella memoria.

Muxia


Lembo di terra della Galizia, proteso verso l’Atlantico. Un piccolo faro fa da sentinella per segnalare ai naviganti i pericoli della costa, ora affioranti come una cresta di dinosauro ora

sommersi dall’alta marea, ma non meno insidiosi. Quando arriviamo il mare è in tempesta, e il tumulto delle onde di notte canta una minacciosa ninna nanna. L’oceano sembra raggiungerti, ma gli scogli levigati riescono a fermare i marosi, almeno per oggi. Al tramonto davanti al santuario della Virxe da Barca aspettiamo che il sole si adagi all’orizzonte. Seduti vicino ai resti della “nave di pietra” con la quale, si narra, la vergine Maria qui approdò.
Nei pressi del villaggio sorge La Herida un enorme monolite che mostra una crepa verticale a rappresentare la ferita inferta al mare da uno dei più nefasti disastri ecologici, ricordo della marea nera provocata dal naufragio della petroliera Prestige nel novembre 2002.

La Riserva naturale di Randello

Verso sud: spazzatura abbandonata sul bordo della strada, case disabitate, deteriorate, da finire di costruire e poi finestre sbarrate, comunque case dopo case all’infinito. Poi, passato lo stretto, spero di trovare la Sicilia come era , ma è cambiata. Ancora plastica, trasportata dai fiumi al mare e dalle navi al mare, bottiglie di birra vuote accanto alle serre che a distesa coprono l’entroterra ragusano. Ma qui alla Riserva naturale di Randello, a due passi da Punta Braccetto, la natura ha la meglio e ti ripaga del lungo viaggio. Quattro chilometri di spiaggia che affondano in un basso fondale e di dune che fanno da confine al bosco misto della riserva  naturale.
È Aprile e si può camminare a lungo incontrando solo raramente qualcuno. Si percorre la spiaggia e si torna dalle strade bianche che attraversano il bosco oppure viceversa scegliendo in base alle condizioni climatiche migliori per un piacevole cammino

I laghi di Marinello

Sembra impossibile, dopo anni, trovare ancora intatta questa penisola di sabbia e i laghetti in essa imprigionati.

Sono tante le spiagge della costa tirrenica che sono scomparse a causa dell’uomo. Il suo frenetico bisogno di costruire sulla costa ha modificato le correnti marine; così Il mare ha riconquistato terreno mordendo la macchia mediterranea.

I laghetti di Marinello, che conoscevo col nome di Tindari, invece sono ancora lì. Zaffiri d’acqua marina incastonati in una lunga lingua di sabbia giallo oro.

Bizzarria della natura, che si dona in tutta la sua bellezza. Puoi vederli dall’alto da Oliveri seguendo Il sentiero del passo di volpe, che porta al santuario della SS Maria di Tindari, oppure  percorrendo a piedi la spiaggia ad Est fino a lambire i laghetti e poi spingendosi lungo la lingua dorata fino al confine segnato dalla spuma delle onde.

Normandia

Monotono andirivieni d’acque
di alghe ora abbandonate
ora danzanti

Vaste spiagge consumate
dalla risacca sostengono
pazienti il mio cammino

Appare e scompare il tuo corpo
di sabbia disteso
adornato di conchiglie
in frantumi

L’oceano come veste al vento
ti nasconde e ti scopre

Mi fermo solo un attimo
ad ascoltare come un respiro
le onde
che è come il mio
ma eterno

Sabaudia

Il palazzo del comune, la torre civica, la chiesa della Santissima Annunziata e soprattutto il palazzo delle poste sono gli edifici che meglio rappresentano questa cittadina fondata ex novo nel 1933 nell’ Agro Pontino. Splendido esempio di architettura razionalista.

Tutto l’impianto urbano è pensato per la vita sociale e l’incontro: larghi marciapiedi, strade perpendicolari, piazze alberate, fontane, scalinate in travertino. Gli edifici pubblici sono stati progettati per la propria funzione tralasciando ogni estetismo, gli ingressi sono ampi, le generose finestre fanno entrare la luce naturale nei locali.

Il palazzo delle poste è rivestito da piastrelle azzurre, le forme sono slanciate e moderne. L’interno della chiesa della Santissima Annunziata è semplice e regolare con una forte connotazione laica. A destra una cappella con la statua della Madonna, anch’essa poco sacrale.

Questo stile architettonico anche se si è sviluppato durante il regime fascista corrisponde ad un fervido periodo artistico in tutta l’Europa